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SCHEDA DIDATTICA 8

 
LA RIPRODUCIBILITÀ DELL'OPERA D'ARTE: L'INCISIONE
 


Il termine incisione indica un disegno realizzato a incavo o a rilievo su una matrice di materiale vario (legno, lastra metallica) e poi trasferito su carta per mezzo della stampa, che ne consente la produzione in un certo numero di esemplari. Spesso i due termini, stampa e incisione, sono usati come sinonimi, in particolare nel caso di prodotti artistici.
L'arte dell'incisione nasce in Europa nel XV secolo, favorita nella sua rapida diffusione da una serie di innovazioni tecnologiche: in particolare, la sostituzione della carta alla pergamena e l'invenzione della stampa a caratteri mobili e del torchio.
 
Con l'incisione l'opera d'arte diventa riproducibile
. Certo, anche nell'antichità erano esistite forme di riproducibilità, come la realizzazione di statue in bronzo fuse a cera perduta (metodo a tasselli) o in terracotta con la tecnica dello stampo; ma l'incisione permette di trarre dalla matrice un numero notevole di 'copie conformi all'originale' nel senso che sono, di fatto, originali.
Le tecniche per realizzare un'incisione sono la xilografia e la calcografia; ma sempre l'immagine tracciata sulla matrice (negativo) nella fase della stampa (positivo) apparirà rovesciata specularmente.
La litografia, per le sue modalità, rientra in un ambito diverso.

            da: Arte nella Storia, 5. Dal Rinascimento alla Maniera, Electa-Bruno Mondadori 1997, pp. 192-193
Ercole comandato da Apollo scaccia dal Parnaso l’Avarizia:
matrice di rame (negativo) a sinistra e stampa a bulino
a destra

 

A. XILOGRAFIA

Incisione a rilievo su una matrice di legno (xylon = legno + grafo = scrivo): si incide scavando intorno al disegno, che viene quindi 'risparmiato' emergendo a rilievo dal fondo. Gli strumenti utilizzati e l'aspetto della stampa sono condizionati dalle caratteristiche del supporto utilizzato.
Una matrice tagliata longitudinalmente rispetto al tronco, cioè nel senso della fibra, è detta in legno di filo: viene lavorata con un coltellino e consente di ottenere contorni semplici, linerari, con forti contrasti tra chiari e scuri. Una matrice tagliata trasversalmente rispetto alla fibra è detta in legno di testa: è più compatta e si presta ad essere incisa con linee sottili, anche molto ravvicinate, ottenendo maggiori dettagli e anche maggiori sfumature chiaroscurali; viene lavorata, in genere, con un bulino.
La matrice viene inchiostrata con un rullo; su di essa si poggia un foglio di carta, premuto aiutandosi con un tampone, le mani o il torchio. Nella stampa finale le parti scavate appaiono bianche e quelle risparmiate a rilievo nere.
 
Le prime stampe di questo tipo sono state realizzate in Cina nell'VIII secolo. In Europa appaiono tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, inizialmente come carte da gioco e immagini di santi (piuttosto lineari e talora colorate,
1). Con lo sviluppo dei procedimenti a stampa, la xilografia ha avuto una grande diffusione nell'illustrazione dei libri, in particolare in Italia e Germania: non a caso uno dei maestri di questa tecnica è il tedesco Albrecht Dürer (1471-1528) (3). Progressivamente sostituita dalla calcografia, è stata 'riscoperta' alla fine del XIX secolo e largamente utilizzata nel secolo successivo dagli Espressionisti tedeschi (2), che la consideravano
particolarmente adatta ad esprimere la loro visione dell'arte e della vita.
In Giappone viene usato un tipo particolare di xilografie, gli
ukiyo-e (vedi, in Alipes, Il Giapponismo).


 

3
 


ALBRECHT DÜRER, Trasporto di Cristo
(dalla Grande Passione), 1498-99
1
 


ANONIMO, San Trifone, 1450-60 ca
2
 


EMIL NOLDE, Profeta, 1912
 
 

B. CALCOGRAFIA

Incisione in cavo realizzata su una matrice di metallo (chalkós = rame + grafo = scrivo). La tecnica nasce nelle Fiandre, intorno alla metà del XV secolo, nell'ambito della produzione orafa.
Il termine si riferisce, in realtà, a una pluralità di procedimenti. La matrice metallica, infatti, può essere incisa sia in modo diretto (dalla mano dell'artista che 'scava' il metallo) sia in modo indiretto (dall'azione di un acido nel quale viene immersa). A seconda degli strumenti e delle procedure distinguiamo il bulino, la puntasecca, la matita nera e il punzone tra i metodi diretti e l'acquaforte, l'acquatinta e la vernice molle tra quelli indiretti. Qui ne esaminiamo solo tre, i più ricorrenti.

B.1 - METODO DIRETTO

 
- Bulino

Prende il nome dallo strumento usato per incidere il metallo, già utilizzato da orafi e armaioli per la decorazione di metalli preziosi e armi. Il bulino è un sottile cilindro di acciaio temperato provvisto di una punta affilata (triangolare, a losanga ecc) o semicircolare e di una impugnatura in legno tramite la quale l'incisore orienta lo strumento ed esercita una pressione. Orientamento e pressione dello strumento permettono di ottenere solchi molto netti, di ampiezza e profondità variabile: quindi una grande sottigliezza nei dettagli e graduati effetti di chiaroscuro grazie al tratteggio incrociato di linee sottilissime. I risultati sono quindi notevoli, ma richiede molta precisione e tempi piuttosto lunghi.
 
La matrice viene poggiata su un cuscinetto morbido. Il bulino incide il metallo che, asportato, crea un riccio davanti alla punta e due lamine (barbe) lungo il solco, sbavature che alla fine dell'incisione vengono eliminate. La lastra viene inchiostrata e l'inchiostro penetra nei segni incisi. Quindi si passa alla stampa sul carta. Il risultato finale è un'immagine nitida e molto precisa. In Italia sono stati maestri del bulino Pollaiolo, Mantegna e, soprattutto, Marcantonio Raimondi (1480-1514), definito 'padre



MARCANTONIO RAIMONDI,
Giudizio di Paride
, 1515-16 (da Raffaello)

del bulino italiano'; ma ne sono stati grandi interpreti anche Albrecht Dürer e Rembrandt.
 
- Puntasecca

 
La matrice viene incisa con una punta di acciaio o diamante, e il solco varia a seconda della pressione esercitata. Le barbe che si sollevano ai lati dei solchi sottili non vengono rimosse (come nel bulino) e, nella fase dell'inchiostratura, assorbono inchiostro al pari dei solchi. Per questo, dopo la stampa l'immagine appare meno netta e regolare, con effetti di maggiore pittoricismo e morbidezza.
Ma poiché la pressione esercitata dal torchio schiaccia progressivamente le barbe, che sono determinanti nel conferire pastosità all'incisione, dalla matrice si può ricavare un numero limitato di esemplari, al massimo dieci copie.
Per questo, spesso la puntasecca viene utilizzata soprattutto per i particolari, in associazione con il bulino o con l'acquaforte. Tra i maggiori interpreti di questa tecnica c'è, ancora una volta, Albrecht Dürer.

 
 
   ALBRECHT DÜRER, Il figliol prodigo fra i porci, 1496-9
7 

 





















 
 

    

 

B.2 - METODO INDIRETTO

- Acquaforte
 
La matrice non viene incisa direttamente da uno strumento manovrato dall'artista ma indirettamente da un acido (detto mordente); si tratta solitamente di acido nitrico, che nel medioevo era chiamato aqua fortis (da cui il nome) ed era usato per decorare con fregi armi e armature. Intorno alla fine del XV - inizi del XVI secolo la tecnica è stata adottata dagli incisori, ed è ben presto diventato il più importante tra i metodi indiretti di lavoro e nella calcografia in generale. Si è diffusa molto rapidamente perché, viste le sue modalità di esecuzione, consente correzioni e modiche, ed anche una ampia gamma di effetti chiaroscurali. Il procedimento è piuttosto laborioso, ma i risultati finali ripagano l'impegno.

La matrice, levigata e sgrassata, viene coperta uniformemente da uno stato di cera per acquaforte, poi scurita con nerofumo. Usando una punta d'acciaio l'artista 'disegna' sulla cera, rimuovendola fino a scoprire il metallo sottostante senza però inciderlo. Le caratteristiche dei tratti si possono regolare usando punte di dimensioni diverse.
 
Il retro e i margini della matrice vengono coperti da una vernice protettiva e la lastra viene immersa nell'acido: questa fase si chiama morsura. L'acido penetra nei segni lasciati scoperti dalla cera e incide, corrodendolo, il metallo. La concentrazione dell'acido e la durata della morsura sono calibrati in base all'ampiezza e alla profondità dei segni che si vogliono ottenere. Ci sono vari tipi di morsura:
'piana', quando si effettua una sola immersione nell'acido: le linee e il chiaroscuro sono omogenei.
'per coperture', quando si effettuano più immersioni. Dopo la prima, unitaria, si coprono di volta in volta con la cera protettiva solo alcune parti della matrice, in modo da poter lavorare in maniera mirata sullo spessore dei segni, dai più sottili ai più larghi, nelle varie immersioni nell'acido. In questo modo si ottiene una varietà di tratti
veramente notevole.
'per aggiunte', quando la lastra viene lavorata per fasi successive. Prima si incidono nella cera solo i segni che si vogliono più forti e si procede alla morsura; poi si incidono quelli un po' meno netti e si ripete la morsura; infine si lavora sui segni più sottili e leggeri. Con queste morsure successive si ottengono effetti molto variati nel tratto e nello sfumato e, inoltre, l'artista può rielaborare la sua opera durante il procedimento chimico.
 
Alla fine di queste operazioni viene rimossa la cera superstite dalla lastra metallica, che reca incisa sulla sua superficie l'immagine; e si passa all'inchiostratura e alla stampa.
 

FRANCISCO GOYA, Il sonno della ragione genera mostri,
 


1799

   GIOVAN BATTISTA PIRANESI, Tempio di Medica
 Medica vicino a Porta Maggiore
, 1745

 

REMBRANDT VAN RJIN,
Autoritratto al davanzale, 1639

 
(Giulia Grassi, giugno-luglio 2009)

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