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L'ossessione della bellezza

di Giulia Grassi

 
 

Pubblicità a doppia pagina di un prodotto anticellulite della casa farmaceutica RoC (Agenzia DDB, 2002). Ne esiste anche una versione a pagina unica e quindi con andamento verticale (click).

Rientra in una tipologia comunicativa ben collaudata. Poiché lo scopo è convincere il target ad acquistare proprio 'questa' crema tra le tante in commercio si ricorre a un espediente retorico (vedi sotto) basato sulla 'prova': per mostrare i vantaggi del prodotto l'illustrazione è costruita "su un impianto narrativo strutturato in due fasi che riproducono in maniera sintetica i benefici attraverso una doppia illustrazione, raffigurante prima uno stato iniziale e poi le modifiche e i benefici del prodotto che si intende sponsorizzare" (Calabrese 2008, p. 16).


Lo stato iniziale è, in questo caso, una figura femminile piuttosto in carne dipinta dal francese Gustave Courbet (1819-1877) in un quadro che a suo tempo suscitò molto scalpore, Le Bagnanti (olio su tela, 1853): si narra infatti che Napoleone III lo prese a frustate perché offeso dalla rappresentazione così veritiera del nudo femminile, che secondo le convenzioni dell'epoca doveva essere

             La retorica e la pubblicità
 
La retorica (dal greco rhetoriké téchne, arte del dire) "definisce storicamente una serie di procedure linguistiche atte a costruire un discorso, l'arte del parlare in pubblico cioè di scrivere per essere ascoltati. Strutturare un ragionamento, […] comporre discorsi adatti alle diverse circostanze con i requisiti necessari per ottenere i risultati voluti, quali siano i "mezzi di persuasione" e con quali tecniche si attuino sono precisamente gli oggetti di quel sapere antico che si chiama retorica: nata come arte del contendere e del persuadere e rifondata a metà del secolo scorso dalla pubblicità e dal marketing. […]
La pubblicità, per essere notata, si riappropria delle figure retoriche, dell'aspetto più spettacolare della retorica e scavalca in questo modo la fase dell'informazione per entrare in quella della seduzione. Il marketing invece, attraverso le ricerche di mercato, inaugura nuove forme di argomentazione: le motivazioni all'acquisto sono processi logici, ragionamenti attorno allo sviluppo del mercato stesso. […]
Paragonare un pubblicitario a un poeta è forse esagerato, ma è l'unico a usare, come il poeta, le figure retoriche. La poesia è sempre stata il regno delle immagini, anche storicamente: i primi retori ne hanno fatto uso in abbondanza. Ogni concetto può essere tradotto in immagine, anzi l'immagine aggiunge qualcosa in più al concetto, quello scarto che è difficile da dimenticare. La pubblicità, fin dagli esordi, ha fatto delle figure retoriche una vera strategia sia a livello linguistico sia a livello figurativo." (Coviello 2008, pp. 5-6 e 39).

 
idealizzato e limitato a dee e ninfe mentre le fanciulle del dipinto sono "grasse e obese, brune e splendenti, ma che nessuno certamente scambierà per Diana o Ebe […]. Sono semplicemente delle borghesi i cui mariti, liberali sotto Luigi Filippo, reazionari sotto la Repubblica, sono attualmente dei devoti uomini dell’imperatore" (Proudhon).

Il dettaglio preso dal quadro è nella pagina sinistra, e posizionato in secondo piano rispetto al campo visivo. Nella pagina destra, e in primo piano, è rappresentato l'effetto benefico della crema: una snella figura femminile nuda, di spalle, con la pelle liscia, senza traccia del grasso e della terribile 'buccia d'arancia' che abbondano nella donna di Courbet.
Sempre a destra, si susseguono l'headline, la bodycopy, il pack-shot (la rappresentazione del prodotto) e il logo con un payoff (frase conclusiva)molto seducente: RoC. Mantiene le promesse. Insomma, la crema è veramente efficace contro gli inestetismi della cellulite, tanto è vero che si vende solo in farmacia.
 

 
Nello stesso ambito retorico rientrano anche pubblicità legate al fitness e alla cura del corpo. Ad esempio quella recentissima (maggio 2009) di
un centro fitness di Roma, in cui lo stato iniziale è una cellulitica donna di Fernando Botero (1932) dal quadro Il bagno, rielaborato al computer per trasformarlo in una scena di spiaggia e mettere l'obesa fanciulla a confronto con quella snella e senza inestetismi che, sicuramente, frequenta il centro reclamizzato.  

                                                 
                                                  Questo espediente retorico della 'prova' è infatti efficace in particolare per i prodotti di bellezza (creme antietà, antirughe e anticellulite, cibi e bevande che fanno dimagrire o contribuiscono a farci restare giovani e attraenti, centri benessere e attrezzi per tonificare, rassodare, rimodellare) che puntano sul senso di inadeguatezza del target rispetto a modelli considerati vincenti: per una donna, in particolare, la bellezza associata alla giovinezza e a un corpo snello e senza imperfezioni.

Eppure tutti sanno, perché è provato dalla comunità scientifica internazionale, che le creme antirughe e anticellulite non esistono, che "quella dei 'prodotti cosmetici anticellulite' è una categoria merceologica "di fantasia", una categoria inventata a tavolino dagli esperti di marketing che già solo nella definizione è una contraddizione in termini. [...] la cellulite è una patologia che riguarda lo strato profondo della pelle, è generata da diversi fattori e richiede un approccio medico, mentre le creme anticellulite sono semplici cosmetici, appartengono alla stessa categoria degli shampoo e dei fondotinta, e non possono curare nessuna patologia ma al massimo migliorare l'aspetto della pelle"; così come è noto che molti attrezzi per la bellezza, come elettrostimolatori e pedane vibranti, sono poco efficaci ma in compenso hanno gravi controindicazioni; e che nessuna pillola o integratore alimentare può essere un 'toglicalorie' o è in grado di 'captare i grassi', 'fermare gli zuccheri' e farci mangiare senza ingrassare o dimagrire mentre dormiamo. Non a caso è impressionante il numero di denunce contro marchi, attivi in questi settori, accusati di 'pubblicità ingannevole' (da: Bruzzaniti 2008, pp. 111-174).


L'ossessione della magrezza è caratteristica dei nostri tempi. I giornali di moda traboccano di foto con modelle scheletriche; e non conosce crisi il mercato di bibite e cibi ipocalorici, light, che danno l'illusione di poter compiere dei peccati alimentari senza eccessive conseguenze negative sulla linea. Di seguito, due esempi di campagne pubblicitarie con testimonial pittorici, l'una commerciale e l'altra con finalità sociali.
 

             

 
In una campagna di Coca Cola light (Agenzia Publicis, Germania 2003) si fa ricorso a due celebri dipinti con personaggi debordanti e carnosi non per evidenziare un 'prima-dopo' bensì per proporre un 'nonostante'. Un ragazzo e una ragazza, entrambi magri e in forma, sono fotografati davanti a due quadri, rispettivamente di Pietr Paul Rubens (Bacchus, 1638) e di Pierre-Auguste Renoir (Le bagnanti, 1918-19).

I giovani e i quadri sono tagliati e inquadrati in modo molto ravvicinato; l'elemento verbale è assente, se si esclude il claim since 1983 proprio accanto alla lattina del prodotto reclamizzato, bene in vista tra le mani dei ragazzi. Il visual è quindi decisamente dominante (come succede solitamente nelle foto di moda, vd Meledandri, 2008, pp. 198-201) e questo consente la trasmissione diretta e senza mediazioni del messaggio: si può gustare una fresca e dolce bevanda con le bollicine, in teoria nefasta per la linea vista la concentrazione di zuccheri e coloranti, senza rischiare di fare la fine dei personaggi dipinti. Efficace il messaggio, non si sa quanto efficace la bevanda ipocalorica (sui dubbi a proposito di questa categoria di alimenti, vd A. Beltramini, 2008).
 

È di quest'anno una campagna pubblicitaria outdoor promossa dall' associazione ANAD, che si propone di educare il pubblico contro i danni dell'anoressia (Agenzia: Ogilvy, Germania 2009).

Le splendide figure femminili esaltate in tre quadri famosi (Olympia di Edvard Manet, 1863; Nudo sul sofà di François Boucher, 1752; Bagnante di Valpiçon di Jacques-Auguste Dominique Ingres, 1808) vengono digitalmente 'prosciugate' e proposte in versione anoressica, aggiornate al canone di bellezza odierno imposto dalla moda.




(Per una campagna sociale dello stesso tenore, Fashion claims another victim,
vedi K. Mazzucco - F. Pellati, 2006).

 

 
fonti: Il Venerdì di Repubblica / DNEWS 28.05.09 / Coloribus / Ads of the World

(agosto-settembre 2009)

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