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Venere con borsa

di Giulia Grassi

 
 

Immagine parte di una campagna pubblicitaria  per la linea borse del marchio Francesco Biasia (Agenzia D'Adda, Lorenzini, Vigorelli BBDO, giugno 2002).
Campagna che ha suscitato una serie di polemiche per il disinvolto uso del corpo femminile, letteralmente fatto a pezzi.

In questo caso la brutalità dell'immagine è mitigata dal suo richiamarsi a un soggetto scultoreo antico, Venere, come ci è pervenuto fissato nelle statue dell'Afrodite Cnidia di Prassitele (ca 350 a.C.) (
a) e della Venere di Milo (ca 130 a.C.) (b): la posa e la nudità rimandano alla prima mentre la mutilazione del braccio destro per associazione richiama  la seconda.

La cromia dissonante

suggerisce un'immagine a metà tra la statua e il manichino. Il bianco eburneo del corpo contrasta efficacemente con il rosso squillante della borsa e con il viola che sottolinea le unghie, le labbra, gli occhi e i capelli (nei quali l'intensità del colore è prossima al nero). Il tutto su un neutro sfondo ceruleo.

Immediatamente al di sotto della borsa appare il logotipo.
  

aAphrodite Braschi (Glyptothek Munich)

b
Musée du Louvre

 

 
La Venere di Milo è un'icona della cultura occidentale, "simbolo di vitalità classica indistruttibile e sensualità" (Himmelmann 1981, p. 168).
Così evocativa che nel 1942 il disegnatore Gino Boccasile la utilizzò in un manifesto bellico antiamericano di stampo odiosamente razzista: un soldato 'negro', raffigurato come uno scimmione, che stringe la statua appena aggiudicata per miseri 2 dollari. Lo scempio della civiltà come prezzo della vittoria americana.
 

 

 
Non stupisce, quindi, che ricorra spesso come testimonial in ambito pubblicitario. Parecchi esempi sono ricordati in due contributi on-line di Lorenzo Bonoldi (2005,

 

                                  L'identità della Venere di Milo
 
La statua è stata scoperta nel 1820 nell'isola greca di Mélos (Milo); era priva di priva di entrambe le braccia. È alta 203 cm e rappresenta la dea seminuda, con le gambe velate da un ampio e chiaroscurato panneggio che esalta la luminosa nudità della parte superiore del corpo.
Non è stata ricavata da un unico blocco di marmo ma è costituita da più parti scolpite separatamente e poi connesse. I fori alle orecchie, al braccio frammentario e sulla testa suggeriscono che doveva avere dei gioielli (orecchini, un bracciale, un diadema o una fascia tra i capelli) applicati e andati perduti; è possibile che il marmo fosse ravvivato dalla policromia.

Sebbene si tratti indubbiamente di Venere, la mancanza delle braccia e di attributi specifici rende difficile l'identificazione del 'tipo'. Molte sono state le ipotesi in proposito.
Ad esempio, nel 1916 Adolf Furtwängler (a) la interpreta come Venere che porge il pomo della vittoria a Paride (la Venus victrix di epoca neoclassica). Per altri si tratterebbe di una Venere che scrive sullo scudo, sul tipo della Venere di Perge (b) scoperta nel 1981. Per altri ancora, ed è ipotesi recente, potrebbe rappresentare Venere che si specchia nello scudo (c), in base al confronto con la Venere di Capua e con la bronzea Vittoria / Afrodite di Brescia (una statua di Afrodite trasformata in un secondo momento, con l'aggiunta delle ali, in una Nike).
 

     
                a                                      b                                      c

2009). Foto di pubblicità si trovano in Himmelmann 1981 (pp. 165-168, 170-171),  
in Dimitri Salmon, La Venus de Milo / Un Mythe, Paris Gallimard 2002 (p. 439) e nel catalogo della mostra milanese del 2008 Classico Manifesto (pp. 66, 149).

Ad esse se ne possono aggiungere altre, nelle quali la statua viene manipolata in vario modo.
In una pubblicità rumena (2007) è il peso eccessivo delle borse cariche di shopping a provocare la rottura delle braccia (1); in una per il test di gravidanza Clearblue Venere appare con un bel pancione (2); in un opuscolo olandese l'efficacia del prodotto per la prevenzione dell'osteoporosi (Nutricia Kalcy) è provata dal confronto tra Venere com'è, senza braccia perché non lo usa ed è fragile (breekbaar), e Venere con le braccia che porta alle labbra un bicchiere del prodotto (3); il CNADP / Coordination National d'Action pour la Paix et la Démocratie (agenzia Ogylvy & Mather, Belgio 2004) propone la foto di una Venere irachena, con il capo velato (4).
In una delle campagne del MASP Museum di
São Paulo (agenzia DDB, Brasile 2008) la Venere di Milo assume l'aspetto di un mito moderno, Barbie (5).
 

                          1

2

3

                            4

5

                                                       [in Alipes, anche Venere bionda]

 

Per concludere due spot che dimostrano la 'versatilità' del testimonial: il primo pubblicizza una nota marca di birra (Budweiser light, 2004), il secondo è... contro l'abuso di birra (Russia, 2009. Della medesima campagna è lo spot col David di Michelangelo).
 

 

 

fonti: magazine L'Espresso // web, collection de pub, coloribus

(ottobre-dicembre 2009)

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