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SCHEDA DIDATTICA 2

 
ATLETI E ATLETICA NEL MONDO ANTICO


 
 

'DORIFORO' DI POLICLETO

Il Doriforo (gr. doryphòros, 'portatore di lancia') è la statua più famosa dello scultore Policleto di Argo.
Eseguita intorno al 450-440 a.C., ha incarnato per secoli il canone di rappresentazione della figura virile stante e l'espressione della bellezza ideale del corpo umano. L'originale era di bronzo, ma è andato perduto, e noi conosciamo la statua solo grazie alle numerose copie di epoca romana.
Il Doriforo è il tentativo di raffigurare l'uomo non come "è" realmente, ma come "dovrebbe essere". L'uomo, nella realtà, è pieno di difetti; spesso è in balìa delle passioni e si lascia attrarre dal vizio piuttosto che dalla virtù; inoltre, è destinato a invecchiare e morire. Policleto ci propone, invece, un uomo eternamente giovane, possente fisicamente e nobile nell'animo, razionalmente dominatore delle passioni: espressione della kalokagathia greca.
Dal punto di vista filosofico è la manifestazione dell'Idea eterna e immutabile di Uomo: dalla realtà sensibile (apparenza), imperfetta e in trasformazione (divenire), Policleto estrae e fissa l'essenza perfetta e immutabile. Per questo si parla di forma ideale del corpo umano, tipica dell'epoca classica (V-IV secolo a.C.).

Il suo trattato, intitolato proprio Kanon (canone, regola), è andato perduto, ma la sua statua sostituisce le parole.

Policleto è attento sia alle proporzioni armoniche del corpo umano in tutte le sue parti (analoghìa / simmetria) che alla ponderazione (ponderatio), cioè all'equilibrio nella distribuzione del peso di esse.

 

     

         La copia a Napoli e la ricostruzione dell'originale bronzeo

 

 

 
Il canone fissa la relazione proporzionale tra le varie parti del corpo e di queste con il tutto mediante un modulo, la testa (a), che è un ottavo del corpo; il busto è tre ottavi (moduli) di esso e le gambe quattro ottavi (moduli). Questo rapporto di armonica e coerente relazione ha come risultato la perfetta proporzionalità, una sintesi ideale del bello naturale.
Tre secoli dopo il medico Galeno scrive che la bellezza è data dall' "armonica proporzione delle parti, di un dito rispetto all'altro, di tutte le dita rispetto alla mano, del resto della mano rispetto all'intero braccio, infine di tutte le parti a tutte le altre, come è scritto nel Canone di Policleto".
La statua appare in perfetto equilibrio perché Policleto distribuisce il pondus, cioè il peso delle parti del corpo, mediante una corrispondenza incrociata, e inversa, delle gambe e delle braccia detta chiasmo (dalla lettera greca Χ, 'chi'): alla gamba destra, "portante" (a), corrisponde il braccio sinistro che porta la lancia (a') mentre alla gamba sinistra, "libera" e arretrata leggermente (b), corrisponde il braccio destro in riposo (b'). Il bacino è lievemente inclinato verso la gamba flessa, le spalle sono inclinate anch'esse ma nella direzione opposta.
Da questo equilibrio, che è tale solo perché immutabile, deriva un senso di stabilità assoluta, priva però di ogni rigidità e molto naturale.
 
Gli antichi Greci useranno il canone e il modulo anche nell'architettura, assieme alle correzioni ottiche.

 
IL CANONE POLICLETEO NEI SECOLI
 

Statua di Augusto loricato (o 'di Prima Porta'), marmo, ca 8 a.C.
(Vaticano, Museo Chiaramonti) - con  ipotesi di coloritura originaria

Michelangelo, David, marmo,
1500-04 (Firenze, Gallerie dell'Accademia)

Berthel Thorvaldsens, Giasone
col vello d'oro
, marmo, 1803 (Copenhaghen, Thorv. Museum)

 
 
PANCRAZIO

Era una delle gare più violente e tra le più spettacolari dei giochi greci, molto amata dal pubblico. Istituita nel 648 a.C. (33ª Olimpiade), era un misto di lotta e di pugilato. Il suo nome (pàn = tutto e kràtos = forza, cioè 'tutta, l'intera forza' del corpo) dà un'idea di come si svolgesse l'incontro.
Poiché l'importante era aver ragione dell'avversario i pancraziasti, che combattevano a mani nude, ricorrevano a tutti i mezzi, compresi sgambetti, ginocchiate, gomitate, calci, rottura delle dita, morsi e unghiate (ma solo a Sparta), strangolamenti. Se uno dei due cadeva il combattimento continuava, e i due avversari se le davano di santa ragione rotolando, avvinghiati, a terra. Erano vietati solo i colpi ai genitali e agli occhi.
Era una gara gagliarda e guerriera, perché poteva concludersi con la morte di uno dei contendenti. La resa avveniva semplicemente alzando la mano, o il dito indice.
C'è da dire che, nel corso dei secoli, il pancrazio venne sottoposto a una serie di regole, per renderlo meno letale ed esclusivamente espressivo della pura vigorìa fisica. Secondo Filostrato (II-III secolo d.C.) era "la più bella gara di Olimpia".

 


 
Una presa di wrestling, uno degli sport moderni
che si richiamano al pancrazio
 

Una 'ricostruzione' moderna di una gara di pancrazio

 
(Giulia Grassi, marzo 2009)

 

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