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SCHEDA DIDATTICA 9

 
IL DISEGNO: FINALITÀ E MODALITÀ DI ESECUZIONE


Il disegno consente la rappresentazione grafica di immagini per mezzo di un segno (linea) che, circoscrivendo gli oggetti, ne determina la forma. Il termine deriva dal latino dēsigno, cioè 'delimito, segno, rappresento'.
 
A - FINALITÀ
 
Può essere diviso in due grandi categorie: funzionale e autonomo.
Il disegno funzionale è quello preliminare a un'opera finita: ad esempio, d. architettonico, preparatorio a un'opera di pittura (affresco, su supporto mobile, mosaico) o scultura, decorativo o pertinente alle cosiddette 'arti applicate' (arazzi, gioielli, mobili e arredi in genere, ceramiche...), ecc. A seconda delle sue caratteristiche viene definito schizzo, abbozzo, modello, studio (della composizione intera o di dettagli di essa).
Il disegno autonomo si afferma a partire dal Rinascimento, ed è quello fine a se stesso, non finalizzato a un'opera di altro tipo: ad esempio d. dall'antico (
a), scientifico (b), accademico (c), dal vero (d), didattico, ecc; ma anche le caricature.
Può quindi essere tracciato su carta, tela o parete.
 


a - Jacopo Ripanda (attr),
Particolare della Colonna Traiana,
ca 1506 (Roma - INASA, ms 254)

b - Leonardo da Vinci
Studi sullo scheletro, 1510
(Londra - Windsor, 19012r)

c - Antonio Canova
Studio di nudo virile, fine '700
(Bassano - Museo Civico)

d - John Constable
East Bergholt Church, 1814
(Londra - V&A Museum,  taccuino)


È propria del Rinascimento l'affermazione dell'idea che il disegno, oltre alle ovvie funzioni pratiche, abbia un suo specifico valore autonomo, e fortemente intellettuale.
Già alla fine del XIV secolo Cennino Cennini lo ritiene
"il fondamento dell’arte". Ed è di Leon Battista Alberti la definizione del disegno, considerato una delle tre parti che compongono la pittura assieme alla prospettiva e al colore, come circumscriptione / circoscrizione: "Sarà circunscrizione quella che descriva l'attorniare dell'orlo nella pittura" (trattato De pictura, 1435-1436, p.13)
. Con Leonardo la visione un po' utilitarista e 'pratica' dell'Alberti viene superata: il disegno è sì "uno strumento conoscitivo della natura in ogni suo aspetto, bello o caricaturale", ma è anche "astrazione mentale" e permette di dare una forma visibile alle infinite immagini che la fantasia umana è in grado di inventare e che non trovano un riscontro nella realtà (Francesca Tasso, in L'arte (critica e conservazione), Jaca Book 1996, pp. 91-92, 155). Con Giorgio Vasari il disegno diventa il "padre delle tre arti nostre: architettura, pittura e scultura" (1568), espressione dell'intelletto.
Nel corso del XVI e XVII secolo la riflessione critica sul disegno si arricchisce anche di contenuti metafisici e teologici, e di discussioni e contrasti riguardo la superiorità di esso rispetto al 'colorito' (e viceversa).
 
Tra Settecento e Ottocento la polemica assume ulteriori sfumature. Per Jacques Auguste-Dominique Ingres (1780-1867) "
disegnare non significa soltanto riprodurre contorni; il disegno non consiste soltanto nel tratto: è, ancora, l'espressione, la forma interna, il piano, il modellato. [...] Il disegno comprendei tre quarti e mezzo di ciò che si chiama pittura" cioè "comprende tutto fuorché la tinteggiatura" perciò "il colore aggiunge ornamento alla pittura; ma non è che una dama di compagnia". Il disegno, purché finito, è quindi un'opera del tutto compiuta, come una composizione pittorica. Di contro Eugène Delacroix (1798-1863) concepisce il disegno come schizzo, abbozzo sommario spesso sorretto dal colore (acquarello), nel quale si riflettono l'intuizione e l'emozione dell'artista (come si vede nei suoi taccuini, i "Carnets de voyage").


J.A.D. Ingres, La famiglia Forestier
grafite su carta, 1806
(Parigi - Louvre, Cabinet des Dessins)


E. Delacroix, Carnet de voyage
penna, inchiostro e acquarello su carta, 1832
(Parigi - Louvre, Cabinet des Dessins)

L'idea della originalità del disegno permea la riflessione critica
del XX secolo. Tra le tante, interessanti le osservazioni di Henri Focillon (1943), secondo il quale "studi, schizzi, abbozzi registrano anche l'«altra verità», quelle alternative proposte in sede di ricerca e poi abbandonate" (Francesca Tasso, cit. supra, p. 95).
 
B - MODALITÀ DI ESECUZIONE (STRUMENTI)

Il supporto più diffuso per il disegno è la carta (nel Rinascimento la carta bambagina, ricavata da stracci di lino e cotone, sia bianca che colorata).
Gli strumenti usati per tracciarlo sono molteplici e la frequenza del loro utilizzo varia nel tempo, anche in base a fattori pratici. Ad esempio la matita che tutti conosciamo - un cilindro di legno o metallo da cui fuoriesce una mina (punta) di grafite - esiste in questa forma solo dal 1795, quando è stata inventata dal francese
Nicolas-Jacques Conté; infatti fino a quel momento, sembra dal 1665, i bastoncini della fragilissima grafite erano avvolti in un involucro di stoffa o in sottili canne di bambù. La dicitura 'matita nera' scritta vicino a un disegno del XVI secolo indica, perciò, uno strumento di tipo diverso da quello moderno.
Per disegnare vengono usati
carboncino, punte metalliche, sanguigna (matita rossa), matita nera, gessetto colorato, penna (con inchiostri di vario tipo e colore), grafite; talvolta in un unico disegno se ne trovano associati di diversi. A seconda degli effetti che si vogliono ottenere, si aggiungono biacca ('bianco di piombo', per dare volume e luce, 'lumeggiare'), acquarellature, pastelli ecc. Ne vediamo alcuni tipi.

Stilo a punta metallica
 
Strumento provvisto di una piccola punta metallica, comunemente d'argento ma anche di piombo, spesso usato su carta colorata.


La punta d'argento era preferita se si voleva un segno sottile e lucente, ma necessitava di una carta preparata (con polveri di osso o conchiglie diluite in olio di lino e colle animali) per rendere visibile il tratto; richiedeva inoltre una mano molto sicura, perché non si potevano fare correzioni. Per le rifiniture si usavano inchiostro, biacca o
                                                                       pigmenti molto diluiti. Ne hanno fatto un uso magistrale

  

         Sandro Botticelli, una illustrazione della Divina
                    Commedia,
pergamena, 1490 circa
Leonardo da Vinci e il tedesco Albrecht Dürer (1471-1528), molto noto anche come incisore.

La punta di piombo produceva un segno più morbido, e aveva il vantaggio di consentire delle cancellature (con la mollica di pane) e di non richiedere una carta preparata; col tempo, però, tendeva a ossidarsi, scurendosi. Sandro Botticelli ha usato entrambe le punte nelle sue illustrazioni della Divina Commedia, per ottenere una più ampia varietà di segni.

 

Leonardo da Vinci, Un cavaliere, punta d’argento rifinita a
inchiostro su carta colorata rosata (Washington, Coll. J. Carter Brown)

 

 

 

Carboncino

 

Sanguigna

 
Bastoncino risultante dalla lenta combustione di legno
di salice o di tiglio. Molto usato perché estremamente duttile: si può cancellare con facilità e quindi favorisce l'elaborazione del progetto presente nella mente dell'artista, che nella fase di attuazione richiede spesso ripensamenti e revisioni; si presta ad essere sfumato e consente di lavorare con accuratezza sui chiaroscuri; non richiede una carta preparata. Può essere integrato con biacca, inchiostro ecc.


 
Pietr Paul Rubens, Nudo maschile piegato, con biacca e sfumino
su carta gialla, 1617-18 (Parigi - Louvre, Cabinet des Dessins)

   
Bastoncino di ocra (argilla) di colore rossastro che ricorda quello del sangue, da cui il nome. In genere usata su carta bianca ruvida e per schizzi rapidi, perché permetteva un segno fluido e veloce ma anche di ottenere effetti di morbidezza e sfumato. Non di rado veniva integrata con tocchi di biacca o diluita con acquarello. Molto utilizzata per i cartoni preparatori degli affreschi.
Il termine è usato come sinonimo di 'matita rossa'.


 
Raffaello, Nozze di Alessandro e Rossane, su traccia a punta metallica, 1519 circa (Vienna, Graphische Sammlung Albertina)

 

 
                                       Matita nera
 
È una pietra naturale (scisto) che lascia una traccia scura con toni dal nero al grigio. In campo artistico ha cominciato ad essere usata correntemente dal XV secolo (ad esempio, da Pisanello e Mantegna) ed ha raggiunto i suoi vertici con gli artisti italiani del XVI secolo, per tutti Michelangelo. Non a caso è nota anche come pierre d'Italie (pietra italiana).
Spesso usata su carta colorata, preferibilmente azzurrina o brunita.
E in associazione con inchiostro, acquarello, tocchi di biacca ecc.

 

 

                                  Penna a inchiostro
 
Il disegno a inchiostro è una delle modalità più difficili. Non può essere cancellato e quindi richiede una grande perizia tecnica e una mano sicura; non di rado, perciò, viene realizzato su una base a matita nera o a punta metallica. Gli inchiostri (bistro, di China, seppia) vengono stesi con una penna d'oca, e il taglio obliquo della cannuccia è fondamentale per modulare il segno, che può essere dato a linee, a tratteggi incrociati ecc. Si può completare con altri materiali, come acquarello o tocchi di biacca.

Pisanello, Madonna che allatta il Bambino, 
su carta filigranata, entro 1448 ca 
(Parigi - Louvre, Départment des Arts Graphiques) 

 

 Michelangelo, cosiddetta Anima dannata,
inchiostro bruno su carta, 1525
(Firenze - Uffizi, Gabinetto dei disegni e delle stampe)

 
(Giulia Grassi, giugno-luglio 2009)

 


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